Il tempo dedicato ad un orto non è il tempo dedicato ad un normale lavoro di città. Il tempo dedicato ad un orto è allenamento alla pazienza. Imparare la lingua segreta delle piante è come imparare una lingua straniera. Necessita esercizio di pazienza e di tolleranza verso se stessi e questo mondo sconosciuto che ci si offre. È lenta conoscenza delle piante, delle famiglie alle quali appartengono, delle loro esigenze … è lenta conoscenza delle stagioni, dei cambiamenti del clima, dei diversi climi che il pianeta ci offre, da nord a sud, tanto diversi. Ed è strabiliante seguire la strada che piante e fiori hanno percorso nella storia dei viaggi e delle esplorazioni, trasportate dai mercanti, dai soldati, dai coloni, dagli schiavi, portate in dote e in ricordo di pietanze deliziose e colori e profumi di “casa”. È profondamente umano cercare di riprodurre la propria flora in un paese straniero, per sentirsi un po’ più a casa; e coltivare la propria “biodiversità”, e lasciarla contaminare, ibridare ed acclimatare in terra straniera. Era usanza in Sardegna (e forse ancora la si trova perpetuata in seno a qualche famiglia) dare alla figlia che sposa un giovane di un altro paese, un campione di ogni seme coltivato e tramandato. È il simbolismo del seme, dell’immortalità della vita, la trasmissione “genetica” della propria cultura, come simbolo di fertilità e abbondanza.
Nei nostri quartieri cittadini, un orto è un miracolo. È ritagliare una zona franca, ai clacson ed all’elettronica, in cui ancora poter imparare a parlare la lingua delle piante. Un allenamento, una palestra di vita, per crescere, cambiare e sviluppare la sensibilità all’ascolto. Con la stessa fragranza impariamo ad ascoltarci, tra individui, appartenenti a diverse culture, curiosi dei reciproci racconti, delle tecniche che nel mondo si sono sviluppate per sostenere la vita. Proteggere l’abbondanza che il pianeta ci offre è il compito di una società sana, evoluta, matura. Un paese che accoglie il viaggiatore, lo coinvolge, lo tutela, è un paese che è in grado di far fiorire la pace nel proprio territorio.
La filosofia dell’orto sinergico è uno specchio di una società che si aiuta. Le diverse famiglie delle piante, “consociate” con criterio, divengono alleate le une delle altre. Un orto biodiverso, che accoglie la policoltura e abbandona la monocoltura, è il simbolo di una società policulturale, multilinguistica, interreligiosa. Permette la creazione di una via comunitaria nella quali gli attori sociali si supportano reciprocamente; e sono coinvolti e resi responsabili dell’armonia stessa che viene creata. In una società pacifica ognuno ha la libertà di essere se stesso ed ha il potere di cambiare e migliorare la vita comunitaria, attraverso un processo democratico di ascolto e di rispetto. Tutti gli individui coinvolti creano un bagaglio di valori basato sulla comunità nella quale vivono. Il quartiere è una comunità responsabile di se stessa. I problemi possono venire discussi da tutti i membri, adulti e bambini, utilizzando l’orto come strumento democratico e cuore della comunità. E allora … coltiviamo tutti insieme!!!
Roberta Cucciari